“L’accertamento della verità e il necessario rispetto di tutte le persone coinvolte impongono al mio ufficio di mantenere il più stretto riserbo”. Si è espresso così, in merito alle indagini che riguardano l’eredità Faac, il procuratore aggiunto e portavoce della Procura di Bologna Valter Giovannini.
E’ lui il titolare, assieme al sostituto procuratore Massimiliano Rossi, delle inchieste sull’eredità della multinazionale lasciata da Michelangelo Manini alla Curia bolognese.
Nel fascicolo per tentata estorsione (nato da un esposto dell’Arcidiocesi per denunciare pressioni da parte di alcuni parenti, che avevano l’obiettivo di arrivare ad un accordo transattivo sull’eredità), a quanto si apprende, ci sono alcuni avvocati tra gli indagati. Pare invece non compaiano, almeno per ora, nomi di porporati del Vaticano.
Nell’ambito dell’inchiesta, è stato sentito circa un mese e mezzo fa nella massima riservatezza anche il cardinale Carlo Caffarra(essendo l’arcidiocesi parte lesa) dal procuratore capo Roberto Alfonso, dall’aggiunto Giovannini e dal sostituto Rossi. Si è trattato di un colloquio cordiale, durato circa un’ora.
La cautela della Procura si spiega benissimo con la delicatezza della vicenda. Al di là dei numerosi testamenti comparsi dopo la morte di Manini, balza agli occhi che gli interessi che gravitano attorno a un’azienda che fattura un miliardo e duecento milioni l’anno siano notevoli e di varia natura. In poche parole, non ci sono solo le rivendicazioni dei parenti del defunto proprietario ma altre, diciamo così, spinte che paiono provenire da ben più in alto e che sembrano coinvolgere personalità di maggior rilievo.
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