ROMA – Pochi fondi e ragazzi sfiduciati, aumento del livello di istruzione e del numero di laureati unici timidi segnali di crescita. Sono queste le condizioni della scuola italiana viste sotto la lente di ingrandimento del rapporto Ocse “Uno sguardo sull’istruzione 2014″ giunto a pochi giorni dall’uscita del documento del governo Renzi dal titolo deamicisiano “Buona scuola”.
Nel mirino dell’Ocse c’è il taglio dei fondi alla scuola: Tra il 1995 e il 2011 in Italia la spesa per studente è infatti diminuita del 4%. Rispetto agli altri 34 paesi riuniti nell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, il nostro è l’unico che registra un calo dei fondi per le istituzioni scolastiche. Il paragone fa impallidire: se tra 2000 e 2011 la spesa in Italia è calata del 3 % la media Ocse nello stesso periodo registrava un robusto +38%. Gli investimenti nella scuola, secondo il documento hanno un profilo “piatto”, ovvero, la cifra che spendiamo per asilo e scuole elementari non è molto diversa da quella investita per l’università.
E se non fosse intervenuto il privato – si legge ancora nelle 550 pagine del rapporto – la spesa sarebbe ulteriormente diminuita. Insomma i soldi alla fine, soprattutto quelli per le università vengono dalle tasse di iscrizione, ergo dai genitori dei giovani che intendono affrontare un percorso di studi. E il numero dei giovani che credono nell’istituzione della scuola è crollato vertiginosamente se si pensa che tra il 2010 e il 2012 la percentuale dei 15-19 enni non iscritti nel sistema di istruzione è passata dall’ 83,3% all’80,8%(contro una media Ocse dell’83,5%). Le stime per il futuro dicono che la perdita di fiducia nella scuola, data anche da una disoccupazione giovanile che ha superato la soglia del 40%, è tale da far si che solo il 47% dei 18enni si iscriverà all’università contro una media Ocse del 58%.
Il numero di insegnanti in Italia resta ancora sopra la media dei Paesi Ocse. E questo nonostante le riduzioni dolorose degli ultimi anni (tagli del 15% nella scuola primaria e del 20% nella scuola media), che hanno permesso di riportare la spesa media per studente vicina alla media sia europea che Ocse. Oggi ci sono 12 studenti per ogni insegnante alle elementari e alle medie. Negli altri Paesi la media è di 15 ragazzi per ogni docente. Poiché la riduzione è astata attuata azzerando o limitando fortemente il turn over è notevolmente aumentata l’età media degli insegnanti che è molto più alta della media degli altri Paesi. Nel 2012 il 62% dei professori aveva più di 50 anni.
Uniche note positive nel rapporto emergono per quanto riguarda il numero di laureati che è passato da una percentuale dell’11% del 2000 al 22% del 2012, ma anche in questo caso se si fa il confronto con gli altri paesi l’Italia occupa le ultime posizioni della classifica. Aumenta anche il livello d’istruzione: la percentuale dei 25-34enni che non ha terminato la scuola superiore è infatti passata dal 41% del 2000 al 28% del 2012. Curiosamente l’Italia supera gli altri paesi Ocse nella classifica delle differenze di genere in ambiente universitario: se da noi il 40% delle lauree in ingegneria è stato conseguito da donne, contro una media Ocse del 28%.
Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini prende atto dei dati Ocse e coglie l’occasione per rilanciare il progetto #labuonascuola e aggiunge: «Il rafforzamento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e l’arricchimento delle competenze dei nostri ragazzi sono la nostra priorità».
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La scuola italiana secondo l’Ocse”