E’ il protagonista del caso di cronaca che troneggia in questi giorni su tutti i quotidiani bolognesi. Il suo nome è Michelangelo Manini. Alla morte del padre Giuseppe, fondatore nel 1965 della Faac, Michelangelo diventa presidente e socio di maggioranza del gruppo leader mondiale nel settore dei cancelli automatici, con un fatturato annuo pari a 200 milioni di euro e 1055 dipendenti sparsi nelle sedi italiane e all’estero. Fino a qui la storia di Manini è quella di un qualsiasi imprenditore italiano di successo che è riuscito a guidare l’azienda di famiglia anche in tempi di crisi. Ma questa è anche la storia di un uomo solo, che sapeva che se ne sarebbe andato presto a causa di una forma rara di diabete e che per questo motivo non si era mai voluto sposare, nè avere figli. Il 17 marzo del 2012 Michelangelo muore. Un mese dopo la scomparsa dell’imprenditore viene ritrovato un testamento olografo in una cassetta di sicurezza, con il quale il Presidente della Faac nominava erede universale la Curia. Si parla di una cifra da capogiro: un miliardo e settecento milioni di euro. Da questo momento in poi la vicenda si trasforma nel caso giudiziario dell’anno. Ad ottobre del 2012, si assiste ad un primo colpo di scena: la cugina di Michelangelo, Mariangela Manini, rivela di essere in realtà la sorella segreta dell’imprenditore e deposita in tribunale un’istanza per far riesumare le salme di Giuseppe e Michelangelo per effettuare l’esame del Dna. Nel frattempo spunta una pletora di testamenti, chi dice 3 chi 4, e ogni testamento nomina un diverso erede: il dentista di Manini, Lucio Corneti o qualche parente o ancora la Curia. Inoltre, fin dal ritrovamento del testamento, si susseguono numerose minacce telefoniche effettuate da parte di emissari della famiglia Manini ai danni del Cardinale Carlo Caffarra con lo scopo di estorcere una quota dell’eredità. In poco tempo si scatena una battaglia legale senza precedenti, che vede contrapposte la famiglia del defunto e la Curia. I familiari impugnano i testamenti che designano come erede la Curia, la quale a sua volta fa registrare le telefonate intimidatorie. La Procura ha aperto tre diverse inchieste, una sui testamenti, tesa a verificare l’originalità dei documenti ritrovati, una per tentato furto nello studio dell’avvocato della Curia e l’ultimo fascicolo è stata aperta per tentata estorsione nei confronti di quattro persone, avvocati e commercialisti che si sono definiti mediatori dei Manini. Pare non esserci pace per Manini, uomo solo da vivo, con troppi eredi da morto.
Michelangelo Manini, l’eredità miliardaria di Mister Faac
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Claudia Balbi
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on 10 luglio 2013
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