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“Dozza sporca e sovraffollata, ma il vero problema è il lavoro”

By Angela Cammarota | on 15 maggio 2014 | 0 Comment

IMG_0901“La sporcizia e l’affollamento delle celle sono problemi seri, ma non possiamo pensare di demolire la Dozza per questo. La vera emergenza è la mancanza di lavoro per i detenuti”. A dirlo è Desi Bruno, garante per i diritti dei detenuti dell’Emilia Romagna in un’intervista alla Stefani dopo la denuncia del circolo Chico Mendez sulla presenza di blatte e guano nell’istituto di pena bolognese. In via del Gomito, infatti, le possibilità di lavoro esistono, ma soltanto per pochi. Chi ne ha la possibilità e l’autorizzazione esce dal carcere per poi rientrarvi la sera; una parte si occupa a turno delle pulizie e della cucina. Poi ci sono l’officina privata e la sartoria femminile dove lavora una decina di persone. Mentre la tipografia interna ora è definitivamente chiusa.

Dottoressa Bruno, perché secondo lei il lavoro è così urgente?

“Per rinnovare il carcere bisogna dare uno scopo a queste persone. Mentre in altri tempi i detenuti lamentavano la scarsità delle condizioni igienico-sanitarie, oggi il problema vero per loro è la possibilità di avere un’occupazione lavorativa. La situazione del carcere Dozza in parte è mutata. Il sovraffollamento, per esempio, è stato arginato e, dai 1250 detenuti degli anni scorsi, oggi siamo a quota 842. Certo, quasi il doppio rispetto alla capienza dell’istituto, ma complessivamente si può dire che le condizioni di vita siano migliorate”.

In che modo le condizioni della Dozza sono cambiate?

“La qualità della vita è lievemente migliorata perché l’Emilia Romagna si è in parte adeguata alla sentenza Torreggiani. Per esempio ora tutti i detenuti hanno quello spazio minimo vitale che la sentenza ha contribuito a definire in tre metri quadri per ognuno, escluse le suppellettili. Ma, purtroppo sugli altri indicatori previsti dalla sentenza, come lavoro, formazione, e scuola siamo ancora molto carenti. E’ questo il nodo dolente dell’istituzione carceraria perché le possibilità di riabilitazione offerte agli inquilini del penitenziario non sono sufficienti”.

Quindi per migliorare la vita dei detenuti è bastato garantire loro tre metri di spazio vitale?

“Non solo questo, che pure è un elemento fondamentale. In alcuni padiglioni le celle restano aperte per buona parte della giornata consentendo ai detenuti di uscire e frequentare ambienti in comune come le biblioteche. Ma spesso si rifiutano di lasciare la propria cella per paura di subire furti e perché non hanno niente da fare. Un detenuto costa in media 150 euro al giorno, ma ciò che gli viene direttamente destinato è molto poco, perché in questo caso a costare è soprattutto la struttura che li ospita”.

Eppure si è parlato di una sezione Alma Mater all’interno del carcere …

“Bene il polo universitario, che però ancora non c’è. Il problema vero dell’istruzione, però, è la formazione scolastica di media inferiore e superiore, per la carenza di organico.
E a subire questa situazione sono soprattutto le donne, sostanzialmente escluse dalle attività di formazione perché sono poche. Ma anche agli stranieri, che pure costituiscono oltre il 50% della popolazione carceraria, non riusciamo a garantire corsi di italiano per lo stesso motivo”.

Però per dare una possibilità in più al detenuto e allo stesso tempo alleggerire le presenze all’interno della struttura ci sono anche le misure alternative …

“Sì, purtroppo però è una soluzione che è andata via via perdendo di significato, come nel resto d’Italia. Per uscire dal carcere i detenuti devono avere un progetto e soprattutto una persona o ente che assicuri loro il lavoro. L’amministrazione penitenziaria dà loro una mano nella ricerca, ma accedere alle misure alternative, soprattutto per gli stranieri, che non hanno una solida rete di rapporti sociali, è sempre molto difficile.”

Anche l’affidamento ai servizi sociali è complicato da ottenere?

“Non è semplicissimo, il motivo è che il lavoro manca. Tant’è che spesso per concedere l’affidamento si ricorre al volontariato, una serie di attività riparative che sostituiscono il lavoro”.

E poi ci sono i tossicodipendenti …

“Questo è un grande problema non risolto. I tossico-dipendenti della Dozza sono 402 e nonostante per loro il regolamento penitenziario preveda la custodia attenuata, la scarsità di risorse non ci permette di affidarli alle comunità. Perciò loro ricevono visite periodiche del Sert per la somministrazione di metadone e la cura”.

Da dove partire per risolvere i problemi della Dozza?

“Sicuramente dalla riconversione delle ingenti somme che il piano carceri ha destinato alla costruzione di nuovo padiglione. Una struttura che a Bologna dal 2015 dovrebbe far posto ad altri 200 detenuti. Utilizzerei quelle risorse nella ristrutturazione dell’edificio esistente e il resto per incentivare i lavori all’interno del carcere e favorire le misure alternative per chi ne ha diritto, in primis i tossicodipendenti”.


(riprese di Gianluca Ciucci)

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