Foto di Mario Rebeschini
“A insegnarci la malleabilità del tempo basta un piccolissimo dolore, il minimo piacere. Certe emozioni lo accelerano, altre lo rallentano; ogni tanto sembra sparire fino a che in effetti sparisce sul serio e non si ripresenta più”.
(Julian Barnes)
Oggi, giovedì 25 settembre 2014, si chiude l’esperienza da giornalisti praticanti per i ventisette redattori de “La Stefani”. Fuori la giungla.
Ieri era il 3 marzo 2013.
Mettete un gruppo nutrito di perfetti sconosciuti, età compresa tra i 23 e 38 anni, più o meno da ogni parte d’Italia, “mancano toscani e napoletani”. Teneteli in un luogo isolato dieci ore al giorno, per cinque giorni alla settimana, senza contare i week end che fatalmente si passano insieme quando non conosci altre persone che non siano le stesse che frequenti nei giorni feriali. Come la naja.
Per rimanere nel mondo animale, uno zoo. Dove però gli unici visitatori sono “ispettori”, gente che la giungla la guarda da anni dall’alto e al bioparco ci va solo se pagata, e nemmeno porta le noccioline.
Diciotto mesi in un soffio, giorni lunghissimi e tanta pioggia, caldo soffocante e stagioni che si rincorrono a rotta di collo, nelle quali imparare un nuovo linguaggio per descrivere la realtà, che in fondo è sempre la stessa, solo “spostati di 47 gradi”, non uno di più né uno di meno. Amarsi, odiarsi fino a sanguinare e, se ne vale davvero la pena, tornare ad amarsi incondizionatamente. Non tutti, non si può in questa vita.
Se c’è una cosa che un master in giornalismo può insegnare è quanto possa essere meschino competere, solo incidentalmente quanto possa essere appagante collaborare.
Perché il giornalismo è un mestiere meraviglioso, il migliore “pur di non lavorare”, purtroppo lo fanno le persone, gli esseri potenzialmente più sgradevoli, violenti e subdoli del regno animale. Splendidi e imperfetti. Con la fragilità che è poi l’unica cosa che ci rende unici oltre al pensiero. Appunto il pensiero di essere fragili, pieni di paure e alla ricerca della felicità, ridicola, sciocca, tragica.
Cari genitori, tutori legali, benefattori di ogni genere, se avete intenzione di investire soldi, molti soldi, per fare dei vostri protetti giornalisti professionisti sappiate che riceverete in cambio degli esseri impazienti, irascibili, rabbiosi e rancorosi, con una capacità di ascolto pari a zero e pronti a correggervi su qualunque argomento. Per tacere del baratro in cui finirà la salute fisica del giovane delfino. Regalerete però anche una valigia enorme piena di ricordi, ritagli ed esperienze che non si possono raccontare senza risultare più melensi di quanto non si è già fatto.
I bagagli sono pronti, la nave è in porto ma non è come sembra. Sta per partire, perché non conta altro che andare.
One Response to “Fine corsa”
25 settembre 2014
Matteo D'AmicoGiuro che stavo per piangere. Ma giuro anche che non l’ho fatto.
E’ stato un piacere, nel mio piccolo, condividere con voi qualche mese della vostra avventura.
In bocca al lupo.