“I risultati economici di Montezemolo sono molti buoni. Ma nel caso della Ferrari un manager deve essere valutato sia per i risultati industriali che per quelli sportivi. Luca ha ottenuto risultati industriali straordinari. Sul fronte sportivo, invece, sono sei anni che non vinciamo. Abbiamo i migliori piloti, due campioni del mondo, Alonso e Raikkonen, un box super. Non possiamo partire tra il settimo e il dodicesimo posto”.
Tante cose ci si poteva aspettare, per giustificare un addio che era nell’aria da mesi, ma non che Sergio Marchionne prendesse a pretesto la mancanza di vittorie della Ferrari. Primo, perché nei suoi anni a Maranello l’ex presidente di Confindustria ha vinto diciannove titoli mondiali tra classifica piloti e costruttori. Secondo, perché è difficile pensare che a Marchionne stiano più a cuore i risultati sortivi di quelli economici, soprattutto alla vigilia di una quotazione in Borsa.
In ogni caso, con l’addio di Montezemolo si chiude il ciclo di sostituzioni dovute a sconfitte iniziato nel 2009 con Gigi Mazzola. Dopo di lui, a pagare per risultati che non arrivavano, furono molti, fra cui quell’Aldo Costa che quest’anno è responsabile Progetto e Sviluppo della Mercedes che sta cannibalizzando il Mondiale. Anche Felipe Massa è stato allontanato dalla Ferrari, dopo avere sfiorato il Mondiale nel 2008, rischiato la vita nel 2009 ed essere stato relegato a scudiero di Alonso dal 2010. Al suo posto è arrivato Kimi Raikkonen, l’ultimo a vincere un Mondiale piloti con la Rossa nel 2007, probabilmente il miglior talento puro degli ultimi dieci anni. Risultato? A Monza Raikkonen è arrivato nono a oltre un minuto dal vincitore Hamilton, mentre Massa portava a casa un terzo posto.
L’ultimo a lasciare Maranello, ad aprile, era stato Stefano Domenicali, il direttore sportivo succeduto a Jean Todt e parte attiva di quel dream team che dominò a inizio millennio con Schumacher e Barrichello. Al suo posto è arrivato Marco Mattiacci, che non ha potuto far altro che prendere atto dell’inevitabile: la F14T non va, è nettamente inferiore a Mercedes, Red Bull e Williams. Non basta cambiare responsabili e piloti, se il problema è che la Ferrari, sulla velocità pura, viene persino dopo la Force India. Ora che i protagonisti delle vittorie, nonché responsabili delle sconfitte degli ultimi anni, se ne sono andati, la responsabilità della risalita è tutta sulle spalle di Mattiacci e del direttore tecnico James Allison. Archiviata la stagione 2014, il team principal della scuderia ha già fatto capire che il rilancio prevederà un “piano triennale”, come l’ha chiamato. La ripresa inizierà nel 2015, ma sembra di capire che il cavallino rampante tornerà competitivo per la classifica finale nel 2017. Un’idea che, come stile, si ispira molto a quella che accompagnò l’arrivo di Jean Todt, chiamato da Montezemolo nel 1993: costruire pian piano una squadra, sviluppare pian piano una macchina e arrivare gradualmente ai vertici. All’epoca funzionò, grazie anche alla pazienza del presidente della Ferrari di allora. Bisognerà vedere se il nuovo numero uno di Maranello, Sergio Marchionne, saprà trarre insegnamento da Luca Cordero di Montezemolo.
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