C’è un oggetto al centro di una stanza adagiato su un tavolino, nascosto dietro una cortina di guanti, sullo sfondo, un mostro lo osserva. Dissolvenza. Esterno notte. Va in scena il rapimento dell’oggetto misterioso. E’ un guanto femminile, lo stringe nel becco uno pterodattilo, un uomo dalla finestra cerca di fermarlo.
Questa è una delle tante storie al confine tra sogno e realtà raccontate da Max Klinger nelle sue incisioni in mostra da domani al 14 dicembre a Palazzo Fava. 116 incisioni, per una collezione costituita nell’arco di 25 anni dalla professoressa Paola Giovanardi Rossi che nel 2011 ha deciso di dare in comodato le opere alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.
«Ho deciso di mostrare un tesoro di conoscenze, l’arte di uno dei maestri del simbolismo europeo, per la convinzione che le opere grafiche vadano mostrate – ha affermato la neuropsichiatra – e poi per la tradizione incisoria di primo piano che contraddistingue Bologna, città dei Carracci e di Giorgio Morandi. E infine perché è questo il luogo dove è nata la collezione».
Un’arte totale e complessa da comprendere, quella dell’artista tedesco vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, che fu anche scultore, pianista e cantante, a cavallo tra tradizione e modernità in cui compaiono tutti i registri dall’ironico al formale, dal surrealista al realista e i temi letterari possono essere sovvertiti dalla fervida fantasia dell’incisore.
«Abbiamo posizionato le opere come se fossero delle costellazioni, ispirandoci alla sinfonia grafica espressa da Klinger, un melomane, appassionato di Brahms e Shumann» spiega Francesco Poli, curatore assieme alla Rossi della mostra, che indica nel pittore Giorgio De Chirico il nome dello scopritore del talento di Klinger.
Una volta inquadrata l’arte dell’incisore tedesco sarà semplice capire che il guanto dell’Opus VI, cantato anche da Francesco De Gregori, altro non è che un feticcio onirico della donna amata.
Dopo i fiammighi tocca a Klinger
L’arte metafisica a palazzo Fava
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Claudia Balbi
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on 24 settembre 2014
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