Le primarie non erano indispensabili, meglio sarebbe stato un nome condiviso”. “Personalità carenti tra i candidati, chissà che all’ultima ora non salti fuori qualcun altro dal cilindro”.
Quarantott’ore dopo la visita di Renzi che ha galvanizzato e chiuso la Festa dell’Unità nazionale e in pieno caos primarie, al Parco Nord prosegue il “lieto romore” della kermesse provinciale.
Cala la sera sulla festa, sventolano le bandiere del Pd sugli stand, volontari e capi di sezione cominciano a servire ai tavoli.
A scongiurare il rischio di una lotta fratricida tra i candidati, paventata domenica dal segretario nazionale del Pd, sono arrivate le dimissioni di Matteo Richetti.
Informato dal proprio avvocato di essere indagato nell’inchiesta “spese pazze” in Regione, ieri mattina uno dei tre cavalli in corsa per viale Aldo Moro, in extremis ha scelto di non presentare le firme necessarie a sostenere la propria candidatura. Una mossa che almeno qui, nel cuore pulsante del popolo democratico, non è certo un fulmine a ciel sereno.
“Mi va benissimo che Richetti abbia fatto un passo indietro – afferma Alceste Masina, segretario del circolo Pianoro Nuovo – Non è una perdita, non lo ritenevo adatto al ruolo”.
“Si è ritirato, ma è indifferente: non lo consideravo un personaggio adatto. Le spese in Regione, poi, non mi importano più di tanto perché oramai nessuno è immune da queste cose. Tutta l’Italia è Paese”. È il segno dei tempi e della politica stanca: anche per la vecchia guardia ortodossa come Daniele Piovani, fede salda nel partito e tessera Pci in tasca dal 1950, cene luculliane a spese della collettività sono ormai il vizio che si deve perdonare a chi ha il privilegio di accedere alla stanza dei bottoni.
Una debolezza cui, a questo giro, potrebbero aver ceduto due candidati su tre. L’avviso di garanzia della Procura, infatti, non l’ha ricevuto solo Richetti. Alle otto di sera si diffonde la notizia che anche Stefano Bonaccini è indagato nell’ambito della stessa inchiesta.
“E’ già successo quando faceva l’assessore a Modena, e ne è uscito pulitissimo – commenta a caldo Alceste – Tuttavia sappiamo che queste cose vanno per le lunghe e sicuramente sarà costretto a dimettersi. La vedo dura per lui” profetizza.
Se l’augurio per il Pd è quello che si realizzi “l’intellettuale collettivo gramsciano”, nel presente “c’è solo Renzi, l’uomo solo al comando” e uno tsunami in regione, su cui si allunga l’ombra della segreteria nazionale che potrebbe prendere lo scettro per riportare tutti all’ordine.
“Capisco la difficoltà di raccogliere l’eredità di Errani, ma ci vorrebbe anche più autonomia da parte del partito regionale rispetto alle indicazioni impartite da Roma” conclude il caposezione prima di tornare a lavoro dietro le quinte dello stand.
Se la squadra per le primarie stenta a delinearsi, una cosa è certa: “Le primarie hanno insegnato che gli elettori, anche quelli più anziani, non rispondono più alle indicazioni delle segreterie – dice Matteo Ruggeri, 33 anni, del circolo di Casalecchio – un candidato vince le primarie solo se ha la credibilità per farlo, indipendentemente se è dato come favorito o meno. Ed è per questo che piacciono ancora: se qualcuno deve sbaragliare la concorrenza, con le primarie lo può fare”.
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Gli umori dalla Festa de L’Unità”